MIchelangelo Severgnini, è un documentarista, ha fatto documentari per la tv dal 2004 al 2008. Ha vinto il premio Ilaria Alpi nel 2007, poi è andato all’estero per dieci anni. Il suo ultimo film dedicato al fenomeno immigrazione dalla Libia, si intitola “L’urlo” ma il produttore non ne autorizza più le proiezioni e oggi cercheremo di capire il perché.
Io e Michelangelo ci siamo conosciuti nel 2018, io vidi il suo documentario “Schiavi di riserva” e ne rimasi entusiasta, finalmente un giornalista italiano raccontava la verità sui campi libici e sull’orrore vissuto dai migranti, decisi così di contattarlo per chiedergli se potevo riprendere parti del suo lavoro in un mio video, lui fu molto disponibile e mi diede l’ok. Già in questo documentario emergeva una verità celata, quelli che chiamiamo immigrati in realtà sono gli schivi di riserva della UE.
Prima della morte di Gheddafi in Libia si viveva bene, ma dopo la sua morte è diventato un inferno. Questa è una delle prime cose che emerge dal film inchiesta di Severgnini, inchiesta realizzata sui social e sul web, dove il regista è entrato in contatto “con un migliaio di persone nel giro di quattro anni. Libici migranti-schiavi, soprattutto. Tanti messaggi vocali da parte loro. Tutto nel film”.
Esistono 2 “Libie” Una riconosciuta dalla Nato che è il 20% della Libia, Tripoli e dintorni, il resto del paese è sotto il controllo del governo legittimo eletto dal parlamento, ma che l’occidente non riconosce, decisamente un pessimo modo per “esportare la democrazia”.
In Tripolitania ci sono i Turchi e le ex milizie libiche che si sono rifugiate a Tripoli e dintorni per non essere arrestate. Nel resto della Libia la popolazione vive in pace ed è qui che si trovano i giacimenti di petrolio, ma nessuno lo importa direttamente, avviene di contrabbando e a Bengasi non sanno più cosa farsene di petrolio e benzina che costa appena 3 centesimi al litro!
Il governo italiano sottobanco rifornisce militarmente il governo di Tripoli attraverso l’ospedale da campo di Misurata. Noi non mandiamo soldi alla Libia ma a Tripoli che è sotto controllo turco. Che fine fanno questi soldi? Certamente non vengono utilizzati per scopi umanitari.
La Tripolitania è la terra degli schiavi neri, si parla di circa 600.000 persone, utilizzate come mano d’opera a costo zero. Schiavi che servono a tripoli per la sua sopravvivenza perché è sul loro sfruttamento che si basa l’economia locale. Schiavi, non persone, che non vedranno mai l’Europa e non torneranno mai a casa. Questo è l’inferno che l’Italia sovvenziona ed è la stessa macchina che ci riempie di “migranti”.
Gli immigrati non vogliono raggiungere l’Europa, vengono attirati dai trafficanti con promesse di una vita migliore e una volta giunti in Tripolitania vogliono solo tornare a casa loro, ma non possono farlo perché dovrebbero attraversare il deserto, restano quindi bloccati e schiavizzati in Libia.
Cose che è meglio non raccontare perché si vanno a toccare interessi miliardari, perché l’immigrazione rappresenta soprattutto un’enorme torta da spartire, infatti a Napoli la proiezione del film è stata interrotta da un’attivista che ha preso il microfono attaccando la pellicola, senza che gli organizzatori intervenissero a difesa del film, del regista e dell’evento. Da allora il produttore ha deciso di interrompere le proiezioni del film, non sarà che le Ong s e la siano presa male?
Una delle persone intervistate nel film ha ritrattato accusando il regista di avergli estorto l’audio, come avrebbe potuto trattandosi di contatti via web? Curioso poi perché la stessa persona avrebbe partecipato a trasmissioni radiofoniche nelle quali commentava e confermava i suoi audio.
La verità è quella raccontata nel documentario “Schiavi di Riserva”:
Il viaggio da Agadez in Nigeria verso Tripoli, in Libia, un racconto atroce:
Siamo stati caricati in 28 sul retro di un pickup, e da allora siamo stati rapiti dai trafficanti che trasportavano anche droga e bevevano molto. Abbiamo passato 18 giorni nel deserto con poca acqua e cibo, un po’ di zucchero, e del garrì (preparato a base di farina, tapioca fritta e zucchero). Quando abbiamo finito tutto ho visto i miei compagni morire uno dietro l’altro, l’ultimo a sole 2 settimane prima di arrivare in Libia.
L’arrivo in Libia e l’orrore dei campi:
In Libia sono tutti armati anche i ragazzini, arrivano e ti rapinano, altre volte si mettono a sparare a caso per divertirsi o per spaventarti, almeno questa è la situazione a Komos.
Per i libici i neri non sono esseri umani, non sono creati da Dio, sono solo schiavi che devono lavorare dalla mattina alla sera e se ti rifiuti ti sparano. A volte liberano delle persone e poi gli sparano addosso mentre scappano poi si avvicinano e gli chiedono se fa male, se provano dolore.
Il ricatto alla famiglia
Prendono il cellulare e chiamano la tua famiglia e ti picchiano, così la famiglia pagherà per liberarti, se la famiglia versa i soldi e i loro complici confermano allora sei libero.
La prigione per neri di Zawiya e gli “Asma Boys”
A Zawiya c’è una prigione per neri, anche le guardie sono nere, sono del Ghana, e ci sono gli “asma boys”, girano armati e con le manette, ma non sono poliziotti, per loro i neri sono soldi, ti arrestano e se non hai i soldi per pagare il riscatto ti vendono e devi lavorare per il padrone che ti prende in affitto.
Il padrone che ti prende in affitto ti fa lavorare dalla mattina alla sera, migliaia di persone rinchiuse in cella senza cibo. Quando ti stanchi di avere fame muori.
Volevo solo tornare a casa ma avevo due possibilità: attraversare il deserto e sperare di sopravvivere oppure imbarcarmi, ho pensato che in Europa potevo rifarmi una vita.
Il viaggio in mare
Così mi imbracai, arrivai sulla spiaggia e dovevamo nuotare per raggiungere l’imbarcazione ma pochi sanno nuotare così ritornano in prigione, io mi imbarcai, loro chiedono chi sa guidare la barca, se accetti non paghi il viaggio, ma se ti fermano sei tu lo scafista. Ci hanno salvato gli italiani e prima che arrivassero abbiamo buttato la bussola. Se ti fermano i libici ti arrestano e ti riportano in prigione. Ma se i trafficanti pagano e li avvisano allora fanno passare le imbarcazioni.
Il colonialismo europeo in Ghana e Nigeria
In Ghana è tutto inglese arrivano e si rubano tutto, l’Europa potrebbe dire apriamo delle miniere d’oro e diamo lavoro, ma se non hai appoggi al ministero non lavori, se il tuo partito vince le elezioni hai delle speranze, altrimenti sei tagliato fuori.
Nel Niger arrivano prendono il petrolio e inquinano tutto. L’Eni nel 2011 pagò un miliardo di euro, la più grande tangente della storia per sfruttare un’area a largo della Nigeria.
L’Italia ha pagato le milizie libiche e i campi libici con milioni di euro, per contrastare l’immigrazione ma in realtà ha sovvenzionato questo schiavismo.
Liberare queste persone e permettergli di tornare a casa loro, dargli una piccola cifra per aprire un’attività, oppure un reddito di esclusione. Invece di Cooperazione e sviluppo come in Sudan dove la cooperazione italiana ha speso 3 milioni di euro per produrre 40 kg di fagiolini alla modica cifra di 75.00 euro al kg! Oppure i milioni di euro versati alle Coop per l’accoglienza che vengono dirottati per arricchirsi come nello scandalo della Karibu, la Coop della famiglia di Soumahoro.
Il migrante non è un nemico che viene a rubare il lavoro, è un innocente che cerca di sopravvivere mentre qualcuno si approfitta di lui.