Algoritmi e AI, tecnica e tecnologia, sono nostri amici o nostri nemici?
Algoritmi e AI, tecnica e tecnologia sono strumenti straordinari se usati per il bene dell’umanità, ma anche delle vere e proprie trappole del pensiero che possono corrompere mente e animo umani.
Ne parliamo con Adriano Segatori, psichiatra e psicoterapeuta, noto anche per il video in cui definiva Macron uno psicopatico, ne parliamo verso fine video.
Con questa puntata prosegue la nostra collaborazione con la casa editrice Nexus Edizioni, che oltre ai libri edita la prestigiosa rivista bimestrale Nexus New Times, una rivista di 100 pagine, con notizie uniche e approfondimenti in diverse materie, notizie senza scadenza, da leggere con e rileggere, contenuti unici che non troviamo in nessun altro prodotto editoriale. Un periodico che fa vedere le cose da un altro punto di vista, con contenuti elevati ma alla portata di tutti, una lettura indispensabile per comprendere i fatti di oggi e intuire quelli di domani. Trovate le puntate precedenti qui.
Adriano Segatori, ha scritto due interessantissimi articoli su Nexus New Times N. 158 (disponibile anche in versione digitale) e Nexus New Times N. 159 (disponibile anche in versione digitale)
Iniziamo dalla figura dell’anziano che da custode del passato e delle tradizioni, da depositario della saggezza è oggi relegato alla “rottamazione”, un pezzo inutile per questa società perché non in grado di produrre, AI (intelligenza) artificiale o deficienza naturale?
In questa società dell’usa e getta, non c’è posto per i vecchi, che oltretutto pesano sul sistema pensionistico e sanitario, infatti c’è chi propone senza mezzi termini di sopprimerli con l’eutanasia.
Distruggere la figura dell’anziano però significa lasciare i giovani senza un passato, senza cultura e tradizioni, creare cioè giovani fluidi senza riferimenti (sessuali, religiosi, culturali, patriottici, familiari …), giovani senza sogni, senza valori o morale, facilmente manipolabili. Ma anche questo serve per spianare la strada all’AI e al transumanesimo.
Gli anziani sono scarti da abbandonare nelle RSA?
Non sempre si invecchia bene, ma c’è una funzione sana e costruttiva “che i vecchi hanno sempre svolto: la conservazione e la trasmissione della conoscenza e la proposizione di modelli di carattere a difesa della vita”
La contemporaneità è il tempo delle negazioni: negazione della Storia, negazione della cultura, negazione della diversità, negazione dell’educazione, negazione della stessa Natura.
È scontato, perciò, che in questa deriva nichilistica, nella quale non c’è passato cui riferirsi né futuro da immaginare – se non quello diabolico proposto dalla narrazione transumanista – anche la biografia venga scomunicata e, con essa, ogni narrazione familiare, questa sarebbe AI, intelligenza artificiale?
Esagerazione? Certamente no, se sulla cronaca viene diffusa la domanda di una tale Emma Marrone che si chiede: “Perché in Italia puoi fare un figlio solo con un uomo?”. (del bimbo non parla mai nessuno)
Tra i “riproduttori” – termine volutamente scandaloso – cioè il padre e la madre, ci sono i due estremi: la memoria e il futuro. Quella memoria che è condensazione non solo di eventi concreti, ma è carica simbolica di una genealogia investita di identità e di individualità. Chi, se non il vecchio, è il portatore – il testimone – di questo passaggio? È lui l’agente di trasmissione di ciò che è stato prima, affinché questa eredità possa diventare seme e radice della nuova esistenza.
Ad un certo punto, però, è accaduto qualcosa che ha stoppato questa secolare consuetudine.
Da un lato, l’irruzione nel contesto generale della Storia umana del relativismo e, con esso, del novum, citando Dionigi. Il progresso ha introdotto la superstizione della moda, della novità, dell’originalità, bollando come stantio, di naftalina, l’antico, la tradizione.
Dall’altro, la vecchiaia è stata derubricata ad anzianità: una nuova categoria antropologica che sa di scaduto, di inutile, di sorpassato. Mentre algoritmi e AI rappresentano il nuovo e il futuro.
La senilità, che quando non è intesa come ‘rimbambimento’ diventa sinonimo di inutilità sociale.
Transumanesimo, AI e utero in affitto
È l’epoca di tante religiosità laiche: la difesa delle razze di animali in estinzione, la tutela dell’ambiente terracqueo, la lotta contro il cambiamento climatico, la protezione delle minoranze antropofaghe e via via impegnandosi, e piagnucolando indignarsi.
Però nessuno si preoccupa di tutelare: il bambino, l’anziano e la famiglia in quanto organismo sociale. Ma si sa l’IA, l’intelligenza artificiale, che tanto intelligente non è, non possiede sentimento né coscienza, quindi ci vuole un essere mano fluido senza coscienza né anima.
la maternità surrogata, un eufemismo per non dire “utero in affitto” che suona disdicevole per le anime belle dell’anticonformismo di genere? Tutta la letteratura psichiatrica e psicoanalitica viene invalidata ed estromessa, di fronte a perverse rivendicazioni, e la stessa legge di Natura è – in misura più o meno efficacemente – confutata.
Così come un problema psicologico insormontabile per i ragazzi adottati è non conoscere il loro passato, le loro origini, non sapere rispondere a queste domande: Da dove vengo? Quali sono i miei genitori? Da che famiglia discendo? Io chi sono?
Così per i bambini nati con l’utero in affitto, chi risponde alla domanda “Da dove discendo”?
Anche questo è il ruolo dei nonni, rappresentano il legame tra il passato, l’oggi e il futuro, un ruolo che non potrà mai essere sostituito da algoritmi o IA.
Conseguenza di ‘adultizzare’ il bambino, di emarginare il vecchio e di infantilizzare l’adulto. Risultato: la giovinezza come entità antropologica alla quale dedicare tempi e considerazioni politiche, l’età adulta come bacino di spazi pubblicitari e commerciali, l’età senile come scarto improduttivo e svantaggioso.
L’anziano come oggetto di attenzioni del mercato dell’eterna giovinezza, ovvero la commercializzazione del giovanilismo: un anziano oggetto del consumismo che vuole, attraverso ogni forma di manipolazione biologica, allontanare il pensiero della morte, quando non rinnegarla.
La modernità, l’AI e gli algoritmi escludono la spiritualità, i vecchi nelle RSA si trovano a dover convivere con il silenzio e il vuoto affettivo nel crepuscolo della propria esistenza, dover accettare la solitudine e l’indifferenza, è come aver contratto la più terribile delle malattie.
Come se ne esce?
il brutto, il perverso, il falso e disumano, siano sostituiti da un ritorno al bello, all’etico, al vero e al trascendente. In una parola all’uomo, nella sua più alta accezione di ospite della Natura
La tecnologia prenderà il posto del Dio di Abramo?
Il cambiamento è insito nella ricerca dell’Uomo, ma anche di cambiamento si può morire e morire di IA non è certo una bella prospettiva.
È l’epoca della Tecnarchia:?
Galimberti afferma che “la tecnica avanzata dell’Occidente non è una variante della tecnica antica, ma la sua antitesi”
Andrea Zhok ha chiamato “Tecnarchia” la tecnica come dominio dei mezzi posta a principio guida di tutte le decisioni finanziarie e politiche.
Tecnocrazia: dietro alla tentazione dell’albero della conoscenza era acquattata la trappola della superbia umana e, oltre al mancato riconoscimento del bene e del male, anche la negazione e il rigetto di ogni regola.
Già oggi la tecnica che guida le decisioni finanziarie e politiche, impone l’IA che sta già sostituendo migliaia di lavoratori che resteranno disoccupati.
“Se bastasse l’intelligenza, la cultura e la buona volontà per superare i problemi psichici, a noi (psichiatri ndr) chi ci pagherebbe il mutuo?”
Le equivocità derivano dalla mancata considerazione di un dispositivo inconscio e incontrollabile che fa capo alla psiche umana. Facciamo degli esempi. È intelligente l’omicida seriale che pianifica l’agguato alla sua vittima predestinata? Certamente sì. È intelligente lo psicopatico che seduce la preda per intrappolarla nella rete di violenza? Certamente sì. È intelligente il politico che affascina gli elettori per ottenere degli obiettivi disonesti? Certamente sì. È intelligente l’esperto finanziario che lusinga i clienti per poi depredarli degli averi? Certamente sì. Tutti questi personaggi hanno la prerogativa dell’intelligenza, ma tutti anche spregiudicatezza, egocentrismo, determinazione, assenza di etica, efficacia ed efficienza nel raggiungere i propri obiettivi.
E poi, la necessità. Termine altrettanto ambivalente ed equivoco. È necessario il sensore per il controllo della glicemia? Certamente sì. È necessario l’innesto cerebrale di un neurotrasmettitore per governare i sintomi del Parkinson? Certamente sì. È necessario il pacemaker per mantenere regolare la frequenza cardiaca? Certamente sì. Questi, e molti altri dispositivi tecnologici che hanno radicalmente migliorato la vita dei pazienti, rispondono alla necessità. Niente da eccepire, tranne che da diversi anni si sta confondendo il termine di necessità vitale con quello di voglia futile.
In sostanza, quello che è venuto a mancare è il senso del limite, quel margine invalicabile che divide la realtà dalla fantasia, il lecito dall’interdetto l’indispensabile dal superfluo, il ragionevole dallo sproporzionato. Si potrebbe (anche) riassumere, con il bene dal male. Ma anche tra l’intelligenza naturale e l’AI.
“La tecnica dispone solo di una ragione strumentale” – specifica Galimberti – “che l’identità di un mezzo ad un fine”, e quindi risponde solo ai parametri di efficacia ed efficienza, non delle conseguenze delle sue sperimentazioni, esattamente come l’AI.
Del resto, tecnica e capitale sono andate e stanno andando a braccetto per creare una nuova realtà, infiltrando ogni aspetto dell’umanità, dal lavoro allo sport, dall’informatica all’educazione, dalla procreazione all’estetica e via via elencando, infiltrando ovunque algoritmi e IA.
Perché, allora, non intervenire eugeneticamente sulla vita e sulla morte?
Il superuomo di Nietzsche equivale al mito del transumanesimo, dell’immortalità e dell’IA? Decisamente no.
Ma per Eliezer Yudkowsky la tecnologia prenderà il posto del Dio di Abramo, non a caso è in atto una specie di “gara” per costruire tramite l’AI il cosiddetto Computer dio.
Ma non può funzionare perché una cosa è affermare “Sono depresso”, e così attivare il sentimento e l’empatia dell’interlocutore, altro è riempire dei moduli digitali per inquadrare e attivare gli algoritmi della depressione. In altre parole, l’Uomo comunica stati psichici mentre la macchina (e l’AI) elabora dati tecnici.
Quanto corrompe l’Uomo nelle sue facoltà e competenze la funzionale delega alla macchina?
Ci sono esperimenti di neuroscienziati che hanno documentato l’atrofizzazione di precise aree cerebrali preposte all’orientamento temporo- spaziale in tassisti francesi dopo l’uso del navigatore per tre anni di attività. Quindi l’AI ci rende meno intelligenti, su questo non c’è dubbio.
Altrettanta dimostrazione esiste per la diminuita capacità attentiva a causa dell’eccesso delle informazioni provenienti e visualizzate nei social media: tanto per essere chiari, dagli otto secondi dei pesci rossi, ai tre-quattro secondi nei ragazzi testati. Insomma, arrivare senza sforzi alla meta è comodo, come gratificante può essere l’attivazione continua nelle comunicazioni, ma quanto corrompe l’Uomo nelle sue facoltà e competenze la funzionale delega alla macchina?
Il tutto avviene tramite algoritmi e AI, che ci traccino e ci propongono i contentui.
Nel finale Adriano Segatori spiega come è arrivato alla conclusione che il presidente francese Macron è uno psicopatico.
Adriano Segatori
Classe ’51, è psichiatra-psicoterapeuta, membro della sezione scientifica “Psicologia Giuridica e Psichiatria Forense” dell’Accademia Italiana di Scienze Forensi, Ph.D. in Filosofia delle Scienze Sociali e Comunicazione Simbolica (Università dell’Insubria- Varese), cultore della materia in Filosofia della politica presso l’Università degli Studi di Trieste. Autore di numerosi articoli e saggi di politica, filosofia e analisi sociale. È inoltre giornalista e Vice Direttore di Electomagazine.it