La UE dichiara guerra alla disinformazione o all’informazione?
La Ue approva il DSA (Digital service act) di cui abbiamo parlato in tempi non sospetti, ma anche ultimamente. Come hanno votato i nostri rappresentanti? Hanno votato tutti sì dal PD al M5S, da FDI a FI, solo la Lega ha votato no.
È entrato in vigore in tutto il territorio dell’Unione Europea il Digital Service Act, o sistema di censura applicato anche alle piattaforme con meno di 45 milioni di utenti attivi. Una di queste piattaforme è Telegram.
Le grandi piattaforme online saranno soggette a requisiti sulla valutazione indipendente e annuale dei rischi sistemici di disinformazione, contenuti ingannevoli, violazione dei diritti fondamentali dei cittadini e violenza di genere e minorile
Il DSA prevede delle multe salate per i proprietari delle piattaforme che non si adeguano alla narrazione conforme al Grande burattinaio. Insomma, l’obiettivo è trasformare le piattaforme ancora libere dalla censura in tante piccole Facebook.
Google si sta preparando a lanciare una cosiddetta campagna contro la disinformazione in cinque paesi dell’Unione Europea, in vista delle elezioni europee, i legislatori temono che la diffusione della disinformazione online possa influenzare gli elettori.
Jigsaw di Google pubblicherà annunci su TikTok e YouTube in Belgio, Francia, Germania, Italia e Polonia utilizzando tecniche di “prebunking” per aiutare gli spettatori a identificare i “contenuti manipolativi” prima di incontrarli.
Agli spettatori che guardano gli annunci su YouTube verrà chiesto di compilare un questionario su ciò che hanno appreso sulla disinformazione.
Questa non è lotta alla disinformazione è manipolazione degli utenti!
Le piattaforme online e i motori di ricerca di grandi dimensioni, a partire da 45 milioni di utenti al mese, presentano rischi più elevati, quindi devono rispettare obblighi più rigorosi.
- prevenzione dei rischi sistemici come la diffusione di contenuti illegali o con effetto negativo su diritti fondamentali, processi elettorali, violenza di genere, salute mentale;
Onorevole Basso Lega: regole vaghe rischio censura social
Scrive Pro Vita e Famiglia: Onorevole Basso Lega: Ci ha però lasciati perplessi la presenza nel testo della figura dei trusted flaggers, ovvero dei segnalatori di professione. Sono profili dai contorni ambigui, non ben definiti. Da un lato, dovrebbero rispecchiare dei connotati di indipendenza, imparzialità e quant’altro. Verificare, però, quanto siano imparziali e neutri nelle loro decisioni, è qualcosa che ci lascia francamente un po’ perplessi. Non ci sono regole ben precise su questo: al contrario, sono molto vaghe. Per cui, uno dei motivi per cui abbiamo votato contro il provvedimento è proprio il timore che questi segnalatori di professione, possano tranquillamente trasformarsi in censori. Immaginiamo una ong se potrà mai avere un atteggiamento oggettivo e neutro rispetto a determinati temi…».
Da un’articolo de “L’indipendente”: Il regolamento pone particolare attenzione al fenomeno della “disinformazione” restando però sul vago, non definendo nel dettaglio ciò che può essere considerato come tale. Di conseguenza, anche eventuali opinioni o studi difformi dalla linea “istituzionale” potrebbero venire etichettati come disinformazione. In particolare, al punto 84 del DSA si legge che «Nel valutare i rischi sistemici individuati nel presente regolamento, tali fornitori dovrebbero concentrarsi anche sulle informazioni che non sono illegali ma contribuiscono ai rischi sistemici individuati nel presente regolamento. Tali fornitori dovrebbero pertanto prestare particolare attenzione al modo in cui i loro servizi sono utilizzati per diffondere o amplificare contenuti fuorvianti o ingannevoli, compresa la disinformazione. Qualora l’amplificazione algoritmica delle informazioni contribuisca ai rischi sistemici, tali fornitori dovrebbero tenerne debitamente conto nelle loro valutazioni del rischio».
Il testo risulta ancora più esplicito per quanto riguarda eventuali situazioni di crisi, quali una minaccia per la sicurezza o la salute pubblica, calamità naturali o atti di terrorismo: in questi casi, al punto 91 si legge che «La Commissione dovrebbe poter chiedere ai prestatori di piattaforme online di dimensioni molto grandi e ai prestatori di motori di ricerca online di dimensioni molto grandi, su raccomandazione del comitato europeo per i servizi digitali («comitato»), di avviare con urgenza una risposta alle crisi. Le misure che tali prestatori possono individuare e considerare di applicare possono includere, ad esempio, l’adeguamento dei processi di moderazione dei contenuti e l’aumento delle risorse destinate alla moderazione dei contenuti […]». Tutte le eventuali future emergenze potrebbero, dunque, fornire il pretesto per limitare la libertà d’informazione censurando opinioni, dati e studi non allineati. Questa sarebbe una lotta alla disinformazione? (L’articolo prosegue dopo l’immagine)
Garante della privacy: lotta alla disinformazione o censura?
Il Garante per la privacy italiano ha spiegato che «il Regolamento sembrerebbe intenzionato a riconoscere – come, peraltro, ormai avviene diffusamente – ai gestori delle piattaforme il diritto-dovere di decidere in autonomia e sulla base semplicemente delle proprie condizioni generali quale contenuto lasciare online e quale rimuovere e quale utente lasciar libero di pubblicare e quale condannare all’ostracismo digitale», concludendo senza giri di parole che «il rischio è che anziché ridimensionare le big tech, si accresca il loro impatto sulle nostre società e democrazie». Il tutto senza tralasciare che, grazie ai cosiddetti Twitter Files, è emerso che dietro alle grandi piattaforme vi sia la pressione dei governi che dettano ai colossi del digitale la linea politica e ideologica da seguire. Il giornalista David Zweig, che ha potuto visionare i documenti del social di San Francisco dopo essersi recato personalmente presso la sede di Twitter, infatti, ha fatto sapere che «Le e-mail interne che ho visto su Twitter hanno mostrato che entrambe le amministrazioni Trump e Biden hanno sollecitato direttamente i dirigenti di Twitter a moderare i contenuti della piattaforma secondo i loro desideri».
Torno a chiedere parliamo di censura o di lotta alla disinformazione?
Infine, si sottolinea come il potere di decidere sulla correttezza e sulla legittimità dei contenuti sia eccessivamente sbilanciato verso la Commissione europea che avrà anche accesso agli algoritmi, assumendo così un ruolo “plenipotenziario”. Secondo il Garante, infatti, sia che si tratti della questione della pubblicità targettizzata, sia che si tratti della moderazione dei contenuti pubblicati dagli utenti, «è indispensabile che ogni competenza faccia capo o a un Giudice o a un’Autorità indipendente mentre potrebbe essere un grave errore attribuirla a un soggetto politico come la Commissione».
Quindi, per esempio, i temi che io tratto come la finta emergenza climatica, le follie green, il gender, i farmaci sperimentali verranno censurate perché considerate disinformazione?
Google e Facebook nate dai servizi Usa?
Da un’intervista di Tucker Carlson:
“Google ha iniziato con una sovvenzione della DARPA”.
“Hanno ottenuto i loro finanziamenti come parte di un programma congiunto CIA-NSA”.
“Hanno ottenuto Google Maps acquistando un software satellitare della CIA”.
“La libertà di parola è stata sostenuta più di chiunque altro dal Pentagono, dal Dipartimento di Stato e dalla CIA come un modo per sostenere i gruppi dissidenti in tutto il mondo”. “Per rovesciare governi autoritari”.
A pensar male lo scopo sembrerebbe proprio la disinformazione istituzionale.
Pensate che invece Facebook è nato nel 2004. Vi domanderete cosa c’entra, ebbene c’è una curiosa coincidenza, perché nel 2004 è terminato il programma DARPA LifeLog.
La DARPA ovvero la Defense Advanced Research Projects Agency, è un’agenzia governativa del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti incaricata dello sviluppo di nuove tecnologie per uso militare. I suoi progetti sono segreti
uno dei più celebri successi di Darpa è ArpaNet, l’antenato dell’odierno internet. Lanciato nella seconda metà degli anni ’60, l’obiettivo iniziale del progetto era la creazione di una rete di comunicazioni militari sicure ed efficienti. Il progetto di Arpanet, giunto a conclusione nel 1990, ha dato vita a internet.
Darpa è anche l’agenzia contattata da Peter Dasdak, per proporgli uno studio sul guadagno di funzione del coronavirus tramite EcoHealth Alliance, la Darpa rifiutò perché giudicato troppo pericoloso. Quindi Peter Dasdak spostò quello studio, indovinate dove? A Wuhan ovviamente!
Ma torniamo programma DARPA LifeLog scrive Wikipedia:
Secondo l’opuscolo di gara del 2003, doveva essere “un (sotto) sistema basato sull’ontologia che cattura, archivia e rende accessibile il flusso dell’esperienza di una persona e le interazioni con il mondo al fine di supportare un ampio spettro di associati/assistenti e altre capacità del sistema “. L’obietto del concetto LifeLog era “essere in grado di tracciare i ‘fili’ della vita di un individuo in termini di eventi, stati e relazioni”, e la capacità di “cogliere tutte le esperienze di un soggetto, dai numeri di telefono chiamate e messaggi di posta elettronica visualizzati in ogni respiro presente, passato e ogni luogo visitato”.
Appare chiaro l’intento di controllare le attività degli utenti, per poi magari manipolarli, come avvenuto con il caso Cambridge Analytica, informazione o disinformazione?
Obiettivi e capacità
LifeLog mirava a compilare un enorme database elettronico di ogni attività e relazione in cui una persona si impegna. Ciò doveva include acquisizioni con carta di credito, siti web visitati, contenuto di telefono ed e-mail inviato e riso, scansioni di fax e posta inviata e riso, messaggi istantanei e riso, libri e rivista letti, selezioni televisive e radiofoniche, posizione fisica registrata tramite sensori GPS indossabili, dati biomedici catturati tramiti sensori indossabili. L’obiettivo di alto vivo di questa registrazione dei dati era identificabile “preferenze, pianoforti, obiettivi e altri indicatori di intenzionalità”.
Un altro degli obbiettivi della DARPA per LifeLog era di “trovare modelli significativi nella sequenza temporale, dedurre la routine, le abitazioni e le relazioni dell’intesa con altre persone, organizzazioni, luoghi e oggetti e sfruttare questi modelli per facilitare il proprio compito “
Le notizie sui media hanno descritto LifeLog come “il diario per porre fine a tutti i diari: una registrazione multimediale e digitale di ovunque tu vada e di tutto ciò che vede, come se fosse, leggi, dici e tocchi”.
Il programma LifeLog è stato cancellato nel gennaio 2004 ufficialmente per problemi di privacy sulla privacy. A gennaio 2004 termina lifelog e a febbraio 2004 nasce Facebook, che a tutti gli effetti sfrutta una tecnologia di tracciamento degli utenti e delle loro abitudini a fini commerciali e purtroppo anche manipolatori.
Adesso sappiamo che la CIA e la NSA non rinunciarono al progetto. Semplicemente lo affidarono al settore privato. Il nome che venne dato alla “macchina” fu accattivante: Facebook. Venne fatta una raccolta di capitali attraverso un’impresa finanziaria collegata alla CIA, dal nome cifrato: “In-Q-Tel”. Il personale che aveva messo in piedi LifeLog passò nelle fila di Facebook. Il lavoro era lo stesso. Adesso sappiamo che anche il destinatario di tutti quei dati sarebbe stato lo stesso: la NSA. Raccogliere informazioni per profilare? Raccogliere informazioni per manipolare? Raccogliere informazioni per tracciare i dissidenti e accusarli di disinformazione?
Nel proseguo della puntata Instagram e la pedofilia, l’intelligenza artificiale sostituisce 700 lavoratori, Israele non ferma le stragi l’ultima su persone in fila per il pane, i guerrieri Huti tranciano i cavi sottomarini delle telecomunicazioni, il presidente brasiliano Lula accusa Israele di genocidio, ex ministro israeliano svela la truffa dell’antisemitismo, gli Usa bloccano la dichiarazione condanna Israele all’Onu. La UE si prepara alla guerra contro la Russia. L’Ucraina non ha soldati sufficienti, la CIA ha delle basi in Ucraina dal 2014, a fiumicino non puoi comprare una bottiglietta d’acqua se hai il passaporto russo. In tutto questo il problema della UE sarebbe la “disinformazione”? Ma poi di quale disinformazione stiamo parlando, di quella istituzionale o delle verità che le istituzioni vorrebbero nascondere e bollare come disinformazione?