Continuiamo il nostro viaggio nel mistero del vaccino. Siamo andati in Puglia a San Nicandro Garganico (FG) a trovare Roberto Sciotta, ex camionista gravemente danneggiato dall’iniezione.
Una vita di Lavoro e famiglia, poi la pandemia
Roberto è un camionista, che amava il suo lavoro, tramandato di generazione in generazione, un lavoro che lo gratificava e gli permetteva di sostenere la sua famiglia.
Con l’avvento della pandemia, Roberto, come tanti suoi colleghi, ha continuato a lavorare nonostante i rischi e la paura di portare il virus a casa. Guidava un camion frigo, trasportava alimentari, medicinali e prodotti di prima necessità. Consegnava anche a Codogno e Bergamo, perfino nei centri covid di Milano, lo faceva senza protezioni perché non c’erano nemmeno per i medici. In quel periodo avevano perfino chiuso i bagni in autostrada, ma i camionisti sono andati avanti e sono stati fondamentali per assicurare i generi di prima necessità, nessuno però ha mai sottolineato a sufficienza la fondamentale importanza di questi lavoratori.
I medici e i sanitari sono passati per eroi, (anche se molti di loro poco tempo dopo sono stati esclusi dal lavoro e dalla società e additati come “stregoni che negano la scienza”), i camionisti no.
Dicevano che eravamo in guerra ma invece che reclutarli, mandavano a casa i “soldati”, medici, sanitari, ma anche i camionisti che non si piegavano all’obbligo.
Vaccinarsi per continuare a lavorare
Così anche per Roberto è arrivato il giorno della scelta, la sua unica fonte di informazione era la radio, che come la TV, in quel periodo faceva una pesante campagna di propaganda e disinformazione, da una parte spargendo il terrore per un virus curabile e non mortale, almeno se preso in tempo e trattato con i giusti farmaci, per esempio quegli antinfiammatori che gli stessi media sconsigliavano di utilizzare, decisamente più pericoloso se trascurato seguendo il protocollo “tachipirina e vigile attesa”.
I media da una parte terrorizzavano e dall’altra presentavano il vaccino come la salvezza dell’umanità, assolutamente sicuro ed efficace, spingendo la popolazione a vaccinarsi e facendo opera di demonizzazione contro chiunque e per qualsiasi motivo esitasse.
Dal mare all’open day
Per Roberto il vaccino era una cosa da fare per il bene suo e degli altri ed era sicuro, non c’era nessun rischio, lo dicevano mezzi di informazione, governo, istituzioni, medici, virostar, Aifa, ministero della salute e perfino il Papa!
Così un giorno gli telefona un collega e lo informa che c’è un open day in paese, il vaccino era il monodose della Johnson & Johnson, Roberto che era al mare con la famiglia, decide di recarsi con la moglie all’open day, dove li vaccinano con una certa fretta e pochissime informazioni, la moglie non aveva nemmeno i documenti con sé.
La reazione avversa e le patologie
Roberto inizia a stare male la sera stessa e così inizia il suo calvario da un ospedale all’altro, già il primo ospedale correla i suoi malori alla vaccinazione. Bruciori in tutto il corpo, dolori fortissimi, difficoltà a reggersi in piedi, secchezza delle fauci, edemi sulla pelle … Roberto si mette in malattia e dopo un anno viene licenziato.
A Roberto vengono diagnosticate numerose patologie invalidanti tutte con la definizione “successiva al vaccino covid”: fibromialgia, fenomeno di Raynaud, connettivite, vasculite cutanea, Sindrome di Sjogren e sclerodermia.
Dopo quell’iniezione la sua vita è un inferno. Roberto vive allettato e si sposta a fatica con delle stampelle speciali, non potrà tornare come prima, le sue patologie non se ne andranno. Roberto lo sa e sa anche che non potrà più guidare il suo tir.
La raccolta fondi
Roberto è stato licenziato, a breve scadrà anche il misero sussidio di disoccupazione e Roberto non avrà più modo di mantenere le sue cure e la sua famiglia. Già da mesi deve rinunciare a comprare delle medicine di cui ha bisogno perché sono troppo costose.
Roberto ha bisogno del tuo aiuto ed ha organizzato una raccolta fondi per curarsi e sopravvivere: https://www.gofundme.com/f/roberto-danneggiato-da-vaccino-covid-19
Il testo della raccolta fondi inizia con queste parole:
Instancabile lavoratore, padre di famiglia, ragazzone buono e altruista, sognatore e amante della vita sana circondato dall’amore della sua famiglia. Roberto, sì, mi chiamo Roberto e ripercorro per l’ennesima volta quelle frasi che mia moglie Emanuela mi sussurrava all’orecchio prima di partire “non ho dormito e vado via da innocente,
“l’alba spia sulla ghiaia i passi miei … non si può respirare su misura soffocare in quattro mura …
“l’autostrada corre là … non so neanche dove va … sa di nafta la mia libertà …
“divora asfalto giorni e umanità … girerà anche la fortuna mia …
“camionista ferma … che se lei ci sta, sento che cambierà …
“clandestina come me … morde il fango e sputa via questa nafta che non va più via …
Ed ecco che riapro gli occhi e poggiando pesantemente i miei piedi a terra con la mia testa tra le nuvole e le lacrime calde riscaldate dall’amore di mia moglie e di mia figlia Rosanna, concretizzo che quella strada non potrò più dominarla assaporando quella libertà che Dio mi ha donato …
E termina con queste:
… Ci vuole anche la spinta economica che oggi necessita la mia famiglia, mia figlia, le mie cure, le mie medicine che da mesi non prendo più perché costosissime e che lo Stato non dà. A voi rivolgo il mio appello per ricevere un vostro piccolo contributo che mi sostenga nei miei primi passi nella speranza mi venga riconosciuto ufficialmente questo immane danno per colpa di un qualcosa che mi ha danneggiato. Confido in Dio e confido negli uomini di buona volontà.
Roberto